Negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale, in Italia si va affermando un’arte che celebra la modernità e lo sviluppo economico secondo uno stampo futuristico. Questa corrente di stampo marinettiano si concentra sul dinamismo del volo e dell’aeroplano e viene così chiamata Aeropittura che, proprio come avviene per il movimento futurista, viene inaugurato da un manifesto, tra i cui firmatari troviamo Fortunato Depero.
Nato nel 1892 a Fondo, Depero si trasferisce a Rovereto per studiare arte e, dopo aver tentato invano di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Vienna, lavora come decoratore per l’Esposizione Internazionale 1910 a Torino. In seguito inizia a realizzare le prime opere scultoree, sviluppando una passione per le forme plastiche che condizionerà tutta la sua carriera artistica.
Tra il 1913 e il 1914, conosce i nomi prestigiosi del panorama futurista tra i quali Giacomo Balla, che Depero considera come suo maestro, e con il quale scrive, nel 1915, Ricostruzione futurista dell’universo, manifesto in cui gli artisti si proclamano astrattisti futuristi e inneggiano a un mondo coloratissimo e gioioso.
Rientrato dalla guerra per ragioni di salute, nel 1916 Depero prepara una mostra di opere di “rumorismo” e “onomalingua”, intesa come utilizzo di fonemi onomatopeici che divengono elementi scenici.
In seguito, espone a Viareggio nel 1918 e a Milano nel 1919. In quell’anno torna a Rovereto, sua città natale, e fonda la Casa d’Arte Futurista, dove produce i propri manifesti pubblicitari.
Alla Biennale di Venezia del 1926, l’artista espone un quadro, dal titolo Squisito al selz, che si rivelerà fondamentale per un sodalizio professionale con la ditta Campari.
Nel 1927, Fortunato Depero pubblica il famoso “Libro imbullonato”, dal titolo Depero Futurista, che celebra i suoi quattordici anni nel Futurismo. Si tratta di un libro che raccoglie un vasto campionario di impaginazioni, caratteri, colori e grammature della carta, il tutto rilegato da due bulloni.
È proprio in questi anni che egli si occupa di campagne pubblicitarie per molte ditte, tra le quali Alberti (Liquore Strega), Schering (Veramon) e Campari, per la quale realizza moltissime opere.
L’anno successivo, forte dell’esperienza maturata nel campo pubblicitario, Depero si trasferisce a New York, e qui lavora per alcuni teatri e riviste, tra cui le importanti collaborazioni con il Roxy Theatre e le copertine per le riviste Vanity Fair, The New Yorker e Vogue. Anche nell’esperienza ameriana, l’artista mostra, nelle proprie opere, il linguaggio dinamico tipico del futurismo, con la predilizione di colori in forte contrasto e linee dinamiche e diagonali.
Successivamente, nel 1930 l’artista torna in Italia, ed è in questo momento che entra in contatto con un nuovo mondo legato al Futurismo: l’aeropittura. Ma ora Depero non è più affascinato da aeroplani e macchine, in quanto l’esperienza newyorkese lo ha disilluso nei confronti della modernità. Il mondo utopico ambito dai futuristi lui lo ha toccato con mano vivendo una città di grattacieli, strade, sotterranei, e non ne ha ricavato una sensazione “solare”. Da qui, d’ora in poi, l’artista sceglie quindi di allontanarsi progressivamente da quell’ideale “metropolitano” e dinamico, per avvicinarsi a una espressione sempre più legata alla natura e ai valori concreti: abbandona i colori caldi a vantaggio di quelli freddi, alle linee oblique predilige le ortogonali, e sostituisce nelle sue opere la raffigurazione di marionette con figure tratte dal folklore italiano.
Gli anni successivi sono importanti sia per le collaboni con riviste di spicco, tra le quali Il secolo illustrato e L’illustrazione italiana, sia per le importanti mostre e per la pubblicazione del Manifesto dell’arte pubblicitaria, con il quale Depero detta importanti regole nell’arte della comunicazione pubblicitaria.
I primi anni trenta vedono l’artista rifugiarsi sempre di più lontano dal mondo dimanico, e quindi, sebbene le nuove generazioni di artisti lo considerano come un’icona, per lui diventa più complicato trovare nuove commissioni.
Nel secondo dopoguerra, nonostante le problematiche sorte a causa della posizione presa dall’artista alcuni anni prima a favore del regime politico, Depero continua a lavorare e, contemporaneamente, inizia ad allestire la propria collezione personale di opere. La collezione, chiamata Galleria Museo Depero, viene inaugurata a Rovereto nel 1959.
Sebbene l’arte di Depero sia fortemente contestualizzata nel suo periodo storico, il suo linguaggio è un forte riferimento per le regole della comunicazione contemporanea (basti pensare alla composizione delle figure, e a come viene trattato il colore), e questo lo dimostrano non solo le strategie di comunicazione che rievocano tale linguaggio estetico, ma anche le stesse opere dell’artista che ritroviamo nella pubblictà ancora oggi. Una pubblicità dinamica, colorata, creativa.